Monografie
(2010) (et Al.), Per un’integrazione possibile. Processi migratori in sei aree urbane, Milano, FrancoAngeli.
Disagio sociale, abitativo e scolastico, insicurezza e degrado urbano, problemi culturali e comunicativi, carenza di politiche sociali per le aree a rischio. Ma anche convivenza, integrazione – o voglia di integrarsi –, reciproca stima. O, spesso, indifferenza. Sono questi gli aspetti più rilevanti emersi dalla ricerca Processi migratori e integrazione nelle periferie urbane promossa dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno italiano e coordinata dall’Università Cattolica di Milano.
Il volume riporta i casi di studio condotti in sei diversi territori di quattro realtà metropolitane e cittadine: Roma (Municipio 6, Torpignattara e Municipio XV, Trullo), Milano (zona 2 e zona 7), Acerra (provincia di Napoli) e Chieri (provincia di Torino). Gli ambiti territoriali selezionati sono dei veri e propri laboratori di intervento sociale nei quali elaborare “buone pratiche” di integrazione e di sicurezza urbana. Solo attraverso l’approfondita conoscenza dei meccanismi che agiscono a livello locale sarà possibile intervenire per prevenire e contrastare le dinamiche di produzione del disagio sociale.
Il volume riporta i casi di studio condotti in sei diversi territori di quattro realtà metropolitane e cittadine: Roma (Municipio 6, Torpignattara e Municipio XV, Trullo), Milano (zona 2 e zona 7), Acerra (provincia di Napoli) e Chieri (provincia di Torino). Gli ambiti territoriali selezionati sono dei veri e propri laboratori di intervento sociale nei quali elaborare “buone pratiche” di integrazione e di sicurezza urbana. Solo attraverso l’approfondita conoscenza dei meccanismi che agiscono a livello locale sarà possibile intervenire per prevenire e contrastare le dinamiche di produzione del disagio sociale.
(2009), Gli indicatori sociali, Milano, FrancoAngeli (collana della sezione di Metodologia dell’AIS).
La povertà e il reddito, la longevità e l’istruzione… Questo volume spiega come lo studio della società nelle sue varie dimensioni abbia dato impulso alla costruzione dei tanti indicatori e indici usati – spesso impropriamente – per stabilire il livello di progresso di una data società.
Si ripercorrono le fasi attraverso le quali si è passati dall’aritmetica politica alla moderna reportistica sociale, analizzando i fattori che hanno favorito – o ostacolato – la diffusione dei numerosi studi sulla qualità della vita e sul benessere. Dei principali indicatori di riferimento – tra gli altri, il pil e l’indice di sviluppo umano – si presentano i punti di forza e le debolezze dal punto di vista della validità e si avanzano alcune proposte per un loro uso più corretto.
Di fronte all’assenza di un quadro concettuale di riferimento (cos’è il benessere?), alla scarsa competenza statistica di operatori dell’informazione e di decisori politici, alla tentazione di “truccare le carte”, questo volume dà la possibilità di aprire la scatola nera dei dati così spesso citati: rendere palesi gli assunti che ne stanno alla base è l’unico modo per poter studiare la loro affidabilitàe usarli in modo appropriato.
Si ripercorrono le fasi attraverso le quali si è passati dall’aritmetica politica alla moderna reportistica sociale, analizzando i fattori che hanno favorito – o ostacolato – la diffusione dei numerosi studi sulla qualità della vita e sul benessere. Dei principali indicatori di riferimento – tra gli altri, il pil e l’indice di sviluppo umano – si presentano i punti di forza e le debolezze dal punto di vista della validità e si avanzano alcune proposte per un loro uso più corretto.
Di fronte all’assenza di un quadro concettuale di riferimento (cos’è il benessere?), alla scarsa competenza statistica di operatori dell’informazione e di decisori politici, alla tentazione di “truccare le carte”, questo volume dà la possibilità di aprire la scatola nera dei dati così spesso citati: rendere palesi gli assunti che ne stanno alla base è l’unico modo per poter studiare la loro affidabilitàe usarli in modo appropriato.
(2004), Triangolazione e privato sociale. Strategie per la ricerca valutativa, Acireale-Roma, Bonanno.
Il notevole successo - accademico e non - riportato dalla valutazione in Italia negli ultimi anni, apre un ulteriore orizzonte di studi: quello della valutazione applicata alle organizzazioni di volontariato che erogano servizi radicati a livello comunitario. L'importanza di tali organizzazioni nei processi di ridefinizione del welfare state, la scarsità delle risorse disponibili e la necessità di rendicontare gli investimenti effettuati, fanno sì che sempre più spesso si conducano ricerche valutative su azioni organizzative che mal si adattano a quella che spesso è considerata dai principali attori sociali coinvolti poco più di una moda passeggera. D'altronde, ci si potrebbe chiedere, perché valutare dei volontari' Non è sufficiente il loro impegno' O che aiutino la crescita della comunità, attraverso la creazione o la diffusione di capitale sociale' Il presente lavoro è stato pensato per rispondere - tra le altre - a tali domande. Non ci si pone l'obiettivo di valutare una o più organizzazioni di volontariato, di terzo settore, non-profit o di privato sociale - si vedranno infatti le implicazioni e gli assunti della scelta di una di queste espressioni. Si vogliono definire, sebbene non esaustivamente, le linee epistemologiche e metodologiche secondo le quali condurre una valutazione nel campo sociale così delineato, capaci di cogliere le specificità relazionali del "prodotto".